[Il narratore] Nella bella Verona dove la scena è collocata, due famiglie di pari dignità piombano per rancori antichi in una nuova discordia che insozza le mani dei cittadini con il loro stesso sangue. Dai lombi fatali di questi nemici, trae vita una nuova coppia di sfortunati amanti, le cui sventure pietose con la morte, la faida dei loro genitori sepelliscono. [...] se vorrete ascoltare con orecchio paziente, la nostra fatica si proverà ad emendare. (Prologo)
Il mio solo amore, nato dal mio solo odio!
[Giulietta] Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre, e riufiuta il tuo nome! o, se non lo vuoi, tienilo pure e giura di amarmi, ed io non sarò più una capuleti.
(O Romeo, Romeo, wherefore art thou Romeo? Deny thy father, and refuse thy name! or if thou wilt not, be but sworn my love, and I'll no longer be a capulet. II, II traduzione di Emma Caberlotto)
[Romeo] Oh, essa insegna alle torce come splendere. Sembra pendere sul volto della notte come ricca gemma all'orecchio d'una Etiope. Ma è bellezza di un valore immenso che mai nessuno avrà, troppo preziosa pe la terra. Come colomba bianca in una lunga fila di cornacchie sembra la fanciulla tra le sue compagne. La voglio vedere dopo questo ballo; come sarei felice se la mia mano rude sfiorasse quella sua. Ha mai amato il mio cuore? Negate, occhi: prima di questa notte non ho mai veduto la bellezza. (Atto I, scena V)
[Giulietta] Buona notte, buona notte! Lasciarti è dolore così dolce che direi buona notte fino a giorno. (Atto II, scena II)
[Giulietta] Che cosa c'è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo. (Atto II, scena II)
Chi è troppo veloce, arriva tardi, come chi va troppo lentamente. (Atto II, scena VI)
[Giulietta] Chi sei tu che difeso dalla notte entri nel mio chiuso pensiero? (Atto II, scena II)
– [Giulietta a frate Lorenzo]: "Ciò che deve essere, sarà."
– "Questa è una sentenza sicura." (atto IV, scena I)
[La nutrice a Romeo] È fidato il vostro servo? Non avete mai sentito dire che due persone possono serbare un segreto se soltanto una sola lo conosce? (Atto II, scena IV)
Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d'avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome. (Giulietta)
[Romeo] L'amore corre ad incontrar l'amore con la gioia con cui gli scolaretti fuggon dai loro libri; ma l'amore che deve separarsi dall'amore ha il volto triste degli scolaretti quando tornano a scuola.
Si ride delle cicatrici altrui chi non ebbe a soffrir giammai ferita.
[Romeo] "O speziale veritiero! Il tuo veleno è rapido. E così con un bacio io muoio". (Atto V scena III)
[Giulietta] "Vieni dunque, o notte solenne, matrona sobriamente vestita di nero, e apprendimi a perdere una partita vinta, nella quale vengon giuocate due intatte verginità" (Atto III, scena II)
[Romeo di Mercuzio] Gli piace sentirsi parlare; parla più in un'ora di quanto ascolti in un mese.
Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo, che si distruggono al primo bacio. Il più squisito miele diviene stucchevole per la sua stessa dolcezza, e basta assaggiarlo per levarsene la voglia. Perciò ama moderatamente: l'amore che dura fa così.
Non tentare un uomo disperato.
[Tibaldo]: Mercuzio, tu tieni corda a Romeo?
[Mercuzio]: Corda? E che ci hai preso, per violinisti? Se ci credi violinisti, non sentirai da noi che stonature. Ecco l'archetto del mio violino (mostra la spada) che ti farà ballare. Altro che tenere corda!
[Benvolio]: Non ci mettiamo a discutere qui: può passare gente [...]. Qui abbiamo gli occhi di tutti addosso.
[Mercuzio]: E lasciali guardare! Gli occhi son fatti per questo. Non mi scomodo per i begli occhi di nessuno, io! (Atto III, scena I. Trad. italiana di Cesare Vico Lodovici)
[Mercuzio]: Sono ferito. La peste alle vostre famiglie. A tutte e due. Sono spacciato. E quell'altro che è scappato, non ha nulla?
[Benvolio]: Oh! Sei ferito?
[Mercuzio]: Uno sgraffio - uno sgraffio - ma perdío! quanto basta [...].
[Romeo]: Coraggio amico, la ferita non sarà profonda.
[Mercuzio]: No, non come un pozzo, né grande come la porta di una chiesa: ma è quanto basta, e basterà. Ventite tutti a cercarmi domani a casa mia: mi troverete nella tomba. Sono condito a dovere, per questo mondo, ve lo assicuro (ride). La peste alle vostre due famiglie. Per Giuda! un cane, un topo, un sorcio, graffiare a morte un uomo. Un gradasso, un mascalzone, un ribaldo, che si batte coll'abbacco alla mano. [...] Aiutami ad arrivare a casa, Benvolio, o vi casco qui. La peste alle vostre due famiglie: hanno fatto di me pasto da vermi. Ah, la mia l'ho avuta, e a dovere... Le vostre famiglie! (Atto III, scena I)
Non c'è mondo per me aldilà delle mura di Verona: c'è solo purgatorio, c'è tortura, lo stesso inferno; bandito da qui, è come fossi bandito dal mondo; e l'esilio dal mondo vuol dir morte. E quindi dire esilio è dire morte con altro termine, falso ed improprio; e tu, a chiamar esilio la mia morte, mi mozzi il capo con un'ascia d'oro, e sorridi del colpo che m'uccide.