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 Le Poesie_

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Stefania
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PostSubject: Le Poesie_   Le Poesie_ Icon_minitimeThu Apr 24, 2008 8:03 pm

Ahimè

Vagare alla deriva dietro ogni passione finché l'anima mia
Sia un liuto accordato su cui tutti i venti possano suonare;
Per questo dunque ho abbandonato
La mia antica saggezza e il mio controllo austero?
La mia vita mi sembra un palinsesto
Su cui durante un ozio di ragazzi
Siano state vergate futili canzoni per zampogna e virelai,
Buone solo a sciupare il segreto del testo.

Certo vi fu un tempo in cui avrei potuto percorrere
Le sommità assolate, e dalla dissonanza della vita
Trarre un limpido accordo, onde raggiungere le orecchie di Dio:
Quel tempo è morto? Ah! Con una bacchettina
Sfiorai appena il miele dell'avventura...
E debbo perdere il retaggio di un'anima?


Apologia


tua volontà ch'io debba turbarmi e impallidire,
Barattare il mio panno d'oro per un rustico grigio,
E a piacer tuo tessere quella rete di dolore
A ogni filo più lucente corrisponde un giorno sprecato?

È tua volontà, Amore che amo così tanto,
Che la Dimora dell'Anima mia sia un luogo tormentato
Dove come drudi malvagi debbano dimorare
La fiamma mai estinta, il verme che non muore?

Sì, se è la tua volontà, lo sopporterò,
E venderò l'ambizione al mercato comune,
E lascerò che il cupo fallimento sia il mio vestito,
E che il dolore si scavi la tomba nel mio cuore.

Sarà meglio così, forse, almeno
Non ho fatto del mio cuore un cuore di pietra,
Non ho privato la mia adolescenza del suo ampio banchetto,
Non ho viaggiato dove la Bellezza è una cosa sconosciuta.

Molti han fatto così; hanno tentato di limitare
In rigidi confini l'anima che dovrebb'essere libera,
Hanno percorso la strada polverosa del senno comune,
Mentre tutta la foresta cantava di libertà,

Senza vedere come il maculato falco in volo
Passava su ampie ali nel sommo dell'aria,
Diretto ove una ripida inviolata altura montana
Catturava le ultime trecce della chioma del Dio Sole.

O come il fiorellino è calpestato:
La primula, quello scudo d'oro piumato di bianco,
Seguiva con occhi assorti il vagare del sole,
Contenta se una volta le sue foglie ne erano aureolate.

Ma certo è qualcosa essere stato
Il più amato per un breve tratto,
Aver camminato mano in mano all'Amore, e avere visto
Le sue ali purpuree volteggiare una volta nel tuo sorriso.

Ah! Anche se il satollo aspide della passione si ciba
Del mio cuore di ragazzo, pure ho sfondato le sbarre,
Sono stato faccia a faccia con la Bellezza, ho conosciuto invero
L'Amore che muove il Sole e le altre stelle!



Taedium vitae


Trafiggere la mia giovinezza con pugnali disperati, portare
La chiassosa livrea di questa età meschina,
Lasciare che ogni mano vile saccheggi il mio tesoro,
Immischiare la mia anima ai capelli di una donna,
E non essere che il lacchè della fortuna, lo giuro,
Io non lo amo! Queste cose sono meno per me,
Meno della lanugine di cardi sull'aria estiva
Che non ha seme: meglio stare in disparte
Lontano da questi calunniosi sciocchi che beffano la mia vita
Senza conoscermi, meglio il tetto più vile
Adatto a ospitare il più umile veltro,
Che tornare a quella rauca grotta di conflitti
Dove la mia bianca anima per la prima volta baciò la bocca del peccato.


Glykipikros Eros


Amore, non t'incolpo, poiché la colpa fu mia, non fossi stato di creta comune,
Avrei scalato le altezze somme, inviolate tuttora, visto l'aria più piena, il giorno più ampio.
Dalla ferocia della mia passione sprecata avrei tratto un canto migliore, più limpido,
Acceso una luce più luminosa di più libera libertà, combattuto ingiustizie dalla testa d'Idra.
Se le mie labbra avessero avuto il dono della musica dai baci pungenti che le fecero sanguinare,
Tu avresti camminato con Beatrice e gli angeli su quel prato verde e smalto.

Avrei percorso la strada sulla quale Dante vide rifulgere i soli di sette cerchi,
Sì! Forse avrei visto aprirsi i cieli, come si aprirono al Fiorentino.
E le potenti nazioni avrebbero incoronato me, che ora sono senza corona e senza nome,
E un'alba d'oriente mi avrebbe trovato genuflesso sulla soglia della Casa della Fama.
Mi ero seduto in quel circolo marmoreo dove il bardo più vecchio è come il giovane
E la zampogna versa eternamente miele, e le corde della lira sono tese in eterno.

Keats avrebbe sollevato le sue chiome imenee dal vino di semi di papavero,
Con bocca di ambrosia mi avrebbe baciato in fronte, la mia mano avrebbe serrato con la mano del nobile amore.
E a primavera, quando i germogli del melo sfiorano il seno lucido della colomba,
Due giovani amanti distesi in un frutteto avrebbero letto la storia del nostro amore.
Avrebbero letto la leggenda della mia passione, conosciuto l'amaro segreto del mio cuore,
Si sarebbero baciati come ci siamo baciati noi, ma non separati come ora è destino che ci separiamo.

Poiché il fiore cremisi della nostra vita è divorato dal verme della verità
E nessuna mano può raccogliere i petali caduti e secchi della rosa della giovinezza.
Pure non rimpiango di averti amato – ah! Che altro avrei dovuto fare io, un ragazzo –
Poiché i famelici denti del tempo sbranano, e gli anni dai piedi silenziosi inseguono.
Senza timone, andiamo alla deriva nella tempesta, e una volta passato il fortunale della gioventù,
Senza lira, senza liuto o coro, la Morte, pilota silenzioso, finalmente viene.

E nella tomba non c'è piacere, poiché la cecilia si pasce della radice,
E il desiderio diventa rabbrividendo cenere, e l'albero della passione non dà frutti.
Ah! Cos'altro avrei dovuto fare se non amarti, la madre stessa di Dio mi era meno cara,
E meno cara la Citerea che si levava come un giglio d'argento dal mare.
Ho fatto la mia scelta, ho vissuto i miei carmi, e anche se la gioventù è sparita in sogni sprecati,
Ho trovato la corona di mirto dell'amante migliore di quella d'alloro del poeta.
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